A che cosa serve l'attore?
Sono passati circa 2 mesi dall’apertura del mio blog,
e pensavo che per festeggiare il decimo post sarebbe stato carino
raccontare qualcosa di speciale.
Sabato scorso stata invitata a Modena, per un laboratorio, da Anna Reiter, donna coraggiosa e lungimirante ideatrice del Premio Virginia Reiter ( per l’attrice che più si è distinta nel panorama teatrale italiano). L’ho conosciuta un paio di anni fa proprio in quest’occasione e siamo rimaste in ottimi rapporti.
Grazie a lei ho avuto la possibilità di far conoscere a che punto sono arrivati i miei studi e la mia sperimentazione artistica.
Per chi non lo sapesse, negli ultimi 3 anni ho girato tutta l’ Italia con un laboratorio di filosofia del teatro, in collaborazione con Igor Sibaldi, laboratorio rivolto a un pubblico che coltiva interessi per la spiritualità, la filosofia, la psicologia e la crescita personale.
E il 9 Settembre mi si è presentata l’occasione
di sperimentare
un nuovissimo metodo di analisi della personalità e delle maschere che ci contraddistinguono.
Ho tenuto 9 ore di corso, come unica relatrice e davanti a un pubblico, scelto, di appassionati di teatro. Con i partecipanti ci incontravamo personalmente per la prima volta, e quindi loro non sapevano nulla sul tipo di lavoro che avrei fatto.
Di che cosa si è parlato? di loro. Delle loro vite, delle loro scelte, del loro modo di vedere e descrivere se stessi e i loro punti di vista.
Le loro caratteristiche peculiari e le loro difficoltà emergevano dal modo in cui parlavano delle cose che conoscevano bene: e questo li ha colti di sorpresa.
Davvero quello che scriviamo, le risposte a semplici domande che facciamo, il numero di volte in cui usiamo una parola, può darci delle chiare indicazioni sulle nostre priorità che noi non sapevamo di avere? Davvero i nostri corpi portano i segni di ferite profonde, che completano il quadro della nostra personalità?
Sì, tutto in noi manda segnali.
Sugli stessi temi.
Quindi non siamo noi a scegliere liberamente come vestirci, camminare e che parole usare.
No.
Sono le cose che di noi non sappiamo ancora, a scegliere per noi.
Un attore questo può coglierlo in modo immediato.
Un attore inoltre si esercita a mettere e togliere maschere che sa di avere: lo schiavo, l’accondiscendente, il risoluto, l’autoritario, l’organizzatore, il libertino, l’impegnato, l’imprevedibile, l’originale, il tradizionalista, il preparato, l’ingenuo e così via.
Un attore si esercita a mettersi da parte
e a far parlare qualcun altro,
quel qualcosa al di là di lui.
È il suo mestiere.
E come ogni esperto, sa farlo non solo su di sé,
ma può comunicarlo.
“Esercita” il suo corpo, la sua voce, la sua volontà per aumentare la gamma delle sue risposte efficaci ad ogni imprevisto, per avere sempre nuovi accessi alla creatività anche in situazioni di noia o stress.
Se è vero che ogni particolare fisico o espressivo di una persona racconta una sua attitudine, io considero ogni difetto semplicemente l’altra faccia di una qualità, e viceversa. E’ così che un attore si libera ogni pregiudizio e giudizio morale.
Solo così può dar voce a tutti :
proprio perché perché può, sa ed è abituato a mettersi nei panni di tutti.
Quindi tu “sentendoti raccontare” da un attore abile, sensibile e interessato a te, puoi accorgerti di come la maschera che indossi tutti i giorni è tanto prevedibile e quanto rivoluzionabile.
Diventare tu stesso “attore” per arrivare a indossare il tuo “ miglior io” possibile.
Non è assurdo.
Ma talmente semplice che una persona può avere difficoltà ad accettarne l’efficacia.
Insomma è questo che ho cercato di trasmettere nel seminario che ho fatto:
le persone non sono le loro abitudini, sono anche quello; le persone non sono il modo in cui si descrivono, sono anche quello, le persone non sono il modo in cui la società intorno le descrive ma anche quello: per diventare qualcosa in più e uscire dal loop dei problemi quotidiani hai la necessità di conoscere e provare la distanza che c’è tra il tuo vero io - pronto ad accogliere inimmaginabili occasioni - dalla maschera che stai indossando, tuo malgrado.
Mentre tenevo il laboratorio sospettavo che dentro ognuno dei partecipanti stesse avvenendo una piccola rivoluzione: erano silenziosi e attenti, hanno saltato quasi tutte le pause, prendevano appunti annuendo…qualcuno ha capito che se fosse andato a fondo, se avesse visto le implicazioni del mio punto di vista su di sé, avrebbe potuto odiare o ricordare il lavoro che era stato fatto. Per tutta la vita e senza vie di mezzo.
Ma la prossima settimana vi darò i dettagli di questo percorso e chi di voi è in Emilia Romagna è invitato a partecipare alla Lectio Magistralis che terrò sabato 23 settembre dalle ore 16 in piazza della Pomposa, a Modena (ingresso libero).
Intanto vi dò appuntamento alla prossima settimana.
A presto!